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Ironico, estroverso ma anche profondo e deciso, sintetico e narrativo… queste e tante altre qualità racchiuse nell’estro e nella verve creativa di Stefano Belluzzi.

Un artista che in queste settimane esce col nuovo singolo “Ridi” e, come ci dice l’autore che ha << sempre amato Chet Baker, Bach, Lucio Dalla e Chico Buarque>>, si esprime con un bagaglio di emozioni e musica propri, forte di questa grande curiosità e maturità.

Ascolto” è la sua parola d’ordine, e con tale semplicità ma granitica fermezza, ci ricorda quali sono i capisaldi per costruire la propria figura musicale, e si approccia alla musica e alla crescita con generosità, quell’altruismo proprio di chi crede che la musica sia tanto un lavoro quanto un linguaggio e un mezzo di comunicazione davvero universale.

Diamo un caloroso benvenuto in queste pagine, all’artista emiliano, che da Correggio ha stregato tutta l’Italia e i suoi più prestigiosi palchi con la sua grande musicalità.

Grazie del tuo prezioso tempo Stefano, parlaci di “Ridi” il tuo nuovo singolo, cosa rappresenta per te?

Intanto grazie per avere visto in me quella sensibilità e quell’umorismo che sicuramente si riflettono nelle mie canzoni. Diciamo che sono una persona che ha sempre avuto un profondo rispetto per la musica e per i suoi protagonisti, oltre ad una grande curiosità per essa. Ho sempre amato i grandi jazzisti, ma allo stesso tempo mi commuovo davanti a un fisarmonicista di “liscio “bravo e sincero.

 

E come album, raccontaci le tracce che compongono l’EP e cosa rappresentano per te.

“Ridi” è un brano (anche) autobiografico che rappresenta un disagio che mi è capitato di provare nei confronti di chi non vuole affrontare temi come la ricerca della felicità e preferisce riderci su cambiando subito argomento…chissà perché. Il brano “Non è” parla della riscoperta delle piccole cose della quotidianità e della loro importanza. “Metti addosso questo amore” è invece un messaggio di speranza verso chi pensa che non ci sia nessuno interessato all’acquisto del suo “cuore spezzato”. “L’altra parte” forse è l’unico brano un po’ intimista che parla di un uomo che scopre osservandosi dentro (cosa non sempre facile) qualcosa di nuovo sul suo conto. “Cow Boy” è semplicemente il racconto di un sogno dove il protagonista è finalmente se stesso. “Tu Puzzi” è una canzone che evidenzia la finzione di alcune nostre vite passate a inseguire cose di cui – in fondo in fondo – non ci importa niente. Questo ultimo lavoro rappresenta una sfida, nel senso che avevo voglia di un po’ di “leggerezza” nella scrittura sia dei testi che della musica e nel registrarlo mi sono davvero divertito molto, spero si senta.

 

Com’è nata la tua passione per la musica e quando hai capito che poteva essere un lavoro?

I miei giochi preferiti sin da piccolo erano una tromba di plastica e una fisarmonica giocattolo. Non ricordo se c’è stato un momento in cui è scattata la scintilla, forse quando mio padre ha portato a casa un disco (regalo della banca), così “Vivaldi le 4 Stagioni” era l’unico disco in casa. Avevo più o meno 8 anni e ogni giorno lo ascoltavo innamorato, forse da lì è partita questa passione che però è sempre stata divisa con il lavoro di insegnante di musica nelle scuole medie statali.

Come mai hai scelto uno strumento tanto affascinante quanto incompreso come il contrabbasso?

La scelta del contrabbasso è stata un po’ condizionata dal fatto che nella mia prima formazione jazz mancava appunto il contrabbassista. Poi, siccome ho deciso di iscrivermi al conservatorio a 18 anni, il contrabbasso a differenza di altri strumenti non aveva limiti di età. Poi naturalmente è sbocciato l’amore per questo stupendo strumento.

 

Premio Tenco, Premio Recanati, Roxy Bar, Maurizio Costanzo Show… solo per citarne alcuni. Raccontaci queste tue esperienze e cosa è rimasto dentro di te di queste straordinarie collaborazioni.

Sinceramente? Ogni trasmissione televisiva a cui ho partecipato mi ha sempre creato un po’ di stress, soprattutto quando erano in diretta, ciò nonostante sono state sicuramente esperienze importanti che mi hanno dato la possibilità di conoscere artisti del calibro di Elvis Costello tanto per fare un nome, oltre a tanti artisti italiani importanti.

 

Non tutti sanno che nelle tue sterminate esperienze, e collaborazioni di alto livello, hai anche composto brani pubblicitari. Qual è il processo compositivo di un brano per uno spot pubblicitario?

Il lavoro di autore di musica per gli spot mi ha dato davvero tante soddisfazioni. Creatività e sintesi allo stato puro, in 30 secondi, appunto il tempo di uno spot. L’agenzia ti dà lo storyboard, ovvero un susseguirsi di vignette che raccontano le scelte regista. Su questo, nel rispetto preciso dei tempi, scrivevo le melodie. Se poi l’idea piaceva al cliente, procedevo con gli arrangiamenti.

 

Cosa consiglieresti a un giovane artista per intraprendere la carriera musicale?

Consiglio di ascoltare tanto e di tutto. Quando avevo 18 anni non c’era Spotify, YouTube, ed internet in generale, ci pensi? Partivo da Correggio in tram, poi a Reggio Emilia in treno fino a Milano per riuscire a comprarmi un vinile con i miei risparmi. Sembra incredibile oggi! Adesso con un clic hai il mondo musicale a disposizione, pazzesco!  Quindi parola d’ordine “Ascolto!”. Certo coltivare un po’ la tecnica sullo strumento e sulla voce non guasta.

 

Quali sorprese ci dobbiamo aspettare dalla tua straordinaria vena creativa?

Mah, sinceramente spero solo di scrivere riuscendo sempre a divertirmi e ad emozionarmi. Il resto, come sempre, verrà da sé. Ancora grazie per lo spazio dedicato!

 


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