Con grande piacere diamo il benvenuto a Eugenio Mirti, artista poliedrico che ci sorprende coi suoi prodigi artistici. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro THE TREE OF LIFE, condividiamo con piacere l’intervista a Eugenio Mirti, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Affronteremo perciò aspetti musicali e di vita, Eugenio Mirti ci racconterà con quelle che sono le collaborazioni, fra le tante, quelle con AlfaMusic,Bad Faith, le esperienze, e i progetti futuri. Ma largo ai convenevoli, diamo un caloroso benvenuto a Eugenio Mirti!
Com’è nata tua la passione per la musica?
Ho sempre avuto una fascinazione per il mondo dei suoni, che si indirizzò all’acquisto di una chitarra, regalo di compleanno per i miei 14 anni. Sono stato scout per tanti anni, e di solito chi suona la chitarra decide il repertorio, e poiché i miei eroi non trovavano riscontro nelle scelte dei chitarristi del mio gruppo, ecco che potevo così affrancarmi dal loro gusto dell’orrido e decidere (e imporre!) a mia volta le mie scelte! Più o meno alla stessa epoca mia mamma comprò la cassetta “Red” del “Red & The Blue” dei Beatles, che sono stati un po’ i miei eroi e il primo passo alla scoperta di tutti gli stili del XX secolo. La chitarra elettrica, come sai, insieme a batteria, vibrafono e tastiere è la novità del ‘900 (aggiungerei anche il sax, pur essendo nato un po’ prima) e, per quanto mi riguarda, continua ad avere lo stesso fascino che aveva circa 100 anni fa, quando venne inventata. Sicuramente porta bene la sua età! Scherzosamente (ma non troppo) dico sempre che la chitarra è l’amica che frequento da più tempo.
Dietro un personaggio possono esserci 1, 100 o 1000 persone. Chi è Eugenio Mirti e qual è il suo personaggio?
Sono fondamentalmente un didatta, insegno da più di 30 anni e trovo particolarmente interessante le lezioni con gli amatori, specialmente se adulti, perché bisogna adattare la didattica al loro percorso, umano e musicale. Mi piace viaggiare, studio il cinese, adoro leggere, mi interessa correlare elementi tra di loro apparentemente non legati (come la chitarra e il cinese, per l’appunto, combo che poi mi ha portato a suonare in due anni diversi a Taiwan, per dire). Ho scritto per “Jazzit”per quasi 12 anni, sono iscritto all’ordine dei giornalisti, sono diplomato in ragioneria, mi piace fare i collage e qualsiasi cosa che sia sostanzialmente inutile ma di grande bellezza.
A volte l’ispirazione ti coglie quando meno te l’aspetti. È stato così per THE TREE OF LIFE?
L’album è stato costruito in un anno di prove con il quartetto (Mario Sereno alle tastiere, Alessandro Loi al basso elettrico e Luca Valente alla batteria). Quindi c’è un alto grado di progettazione, in realtà! Direi che è stato divertente scegliere le cover (in particolare “Streets Of Laredo” e “Cajun Moon”), che di solito arrangiavo pochi minuti prima di suonare insieme. Il brano nato “al volo” è “The King Of Termoli”, che in effetti è più un pretesto per presentare le atmosfere care al JTQ, mentre “Longshan Temple” è stato quello dalla genesi più complessa, anche per la sua natura di quasi “suite”. Direi che mi piace lavorare in modi diversi, anche se in effetti lo spunto iniziale di un brano nasce sempre per caso. Sono felice che l’album si apra con “Judy” (di cui abbiamo fatto anche un video anime – https://www.youtube.com/watch?v=vxbm-wqi9_w )perché è divertente realizzare cover di brani contemporanei (Hendrix con “All Along The Watchtower” docet).
The new single off my new album, “The Tree Of Life”, coming out in 2024!Eugenio Mirti – GuitarMario Sereno – KeyboardsAlessandro Loi – Electric BassLuca Vale…
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Quali sono le tue radici, influenze artistiche e collaborazioni musicali?
Ho amato e amo tuttora il classic rock, il blues elettrico (in particolare dagli anni 40 agli anni 60) e il jazz, dalle origini fino al jazz-rock. In sostanza mi piace tutto! Ho studiato anche chitarra classica, per non farmi mancare nulla. Se dovessi citare qualche nome, direi sicuramente i Beatles, Jeff Beck e Miles Davis. Tra i contemporanei amo particolarmente Corey Christiansen, Magnus Ostrom e Nils Landgren. Non sono particolarmente incline alle collaborazioni, mi piace suonare con lo stesso gruppo perché spesso, soprattutto nel jazz, gli ensemble estemporanei sono viziati dalla mancanza di prove e di una visione progettuale, che richiede invece molto tempo per potere essere sviluppata. Detto questo, ho invitato volentieri l’amico Carlo Caprioglio a suonare nel primo brano del nuovo disco. Ci conosciamo da più di venti anni e non c’era bisogno di spiegare alcunché!
Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?
Come dico nelle note di copertina, trovo particolarmente insopportabile l’attitudine contemporanea a specializzarsi in un settore molto piccolo (“il re del manouche”, “il padrino del bebop” e così via) perché di solito tutto ciò sfocia in manierismi particolarmente noiosi che non dicono nulla (almeno a me). Trovo particolarmente interessante nel jazz (e nel rock) la componente di improvvisazione, che dovrebbe aiutare alla “dichiarazione” estemporanea creata nel momento della performance. Quindi mi interessa comunicare il mio amore per stili anche molto diversi tra loro, che mi permettono (grazie alla componente di improvvisazione) di raccontare di me.
Parliamo delle tue pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi?
Non sono così fecondo! Le attività più recenti sono state un metodo sugli shell chord, e il mio precedente album, un omaggio a Prince disponibile qui: https://eugeniomirti.bandcamp.com/album/minneapolis-standard-book-ep .
L’attività live si è ridotta negli ultimi anni: un po’ per il covid, prima, e poi per la situazione complessa delle performance: ci sono moltissimi musicisti e pochi spazi per la musica. Poiché il valore di un bene è dato dall’incontro della curva della domanda con quella dell’offerta (quindi il valore di un live è nullo, così come quello della musica registrata post Youtube e Spotify), e poiché mi annoia mortalmente dover andare in giro a martellare chi cura le programmazioni, sto molto bene così. Dal 2021 sono stato assunto da Musora, una società di didattica online canadese, come esperto di notazione (e di trascrizioni) per chitarra per il brand “Guitareo” (www.guitareo.com). Questa esperienza, che è particolarmente significativa e bella (di fatto è il futuro della didattica musicale) al momento è la mia principale attività professionale. Ho anche mantenuto naturalmente la mia “cattedra” nella scuola che fondai nel 1996 e che è piccola ma sempre attivissima: Ennebi A.P.S.. _ https://ennebiaps.com/
Associazione di Promozione Sociale
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Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
Ci sono musicisti molto bravi, alcuni anche molto stimolanti. La filiera (in particolare del jazz) è uscita a mio avviso particolarmente minata dal Covid, e noto che in generale si tende a fare suonare sempre i soliti noti (che forse è anche giusto, si riduce il rischio, azzerando però le possibilità di incorrere in straordinarie sorprese, che ci sono se si indaga con occhi curiosi). Credo che la tassazione sulla musica sia (da molti anni) troppo alta, e così si è finito per uccidere i piccoli club (che, almeno nella mia città, Torino, sono oramai pochissimi). Non sono pessimista, ci sono musicisti bravissimi che ammiro e che realizzano molte belle cose, ma non è un momento storico facile.