Francesco Caligiuri è inarrestabile, ha il callo per le pubblicazioni… e di qualità soprattutto! Continuando nel sodalizio discografico con la Dodicilune, quest’anno ha pubblicato il suo ennesimo lavoro chiamato “Arcaico mare“. L’ennesimo, di una lunga serie sebbene la sua giovane età, tanto che ormai nel sottoscritto, e in tanti altri, ha creato alte aspettative di una continua e prolifica produzione di album, dove riecheggia sempre la sua grande passione e conoscenza per il jazz, la musica contemporanea e l’arrangiamento. Cavalcando la sua grande passione per Charles Mingus, il sassofonista calabrese sforna prodotti a volte criptici, a volte lineari, sempre con la sua firma che sta prendendo piede e autorevolezza nel panorama italiano.
Nato dal Concerto di Capodanno 2020, nell’ambito della versione invernale di Roccella Jazz e coprodotto con la medesima organizzazione, il disco Arcaico Mare è la versione studio del concept eseguito live in quell’occasione. Accompagnato da vecchi e nuovi compagni di viaggio del sassofonista, troviamo un ensemble di validissimi musicisti quali: Luigi Paese (tromba e flicorno), Paolo Bennardo (tromba), Giuseppe Oliveto (trombone e seashell), Gianluca Bennardo (trombone), Mario Gallo (tuba), Giuseppe Santelli (pianoforte), Carlo Cimino (contrabbasso), Francesco Montebello (batteria) con le voci di Federica Perre e Alessandro Castriota Scanderbeg.
L’estro di Francesco Caligiuri si avverte dalla variopinta e trasversale selezione dei brani, fra il jazz, il tradizionale e l’originale:
- Völuspà
- Fly Me To The Moon
- Rupella Antica
- Carols of the Bells
- God Rest Ye Merry Gentleman
- Nature Boy
- Self Portrait in Three Colours
- La Follia
- Nostalgia in Time Square
- Roccellanea
Sulla scia delle autorevoli parole di Martorella, in cui ne elogia le qualità, andiamo a declinare i passi salienti dell’opera che è ricca, prorompente e composta da un caleidoscopio di sonorità.
A partire dalla opening track dove il Caligiuri si insinua nelle nostre orecchie grazie al flauto per darci poi dei colpi ben assestati con il contrabbasso e la batteria. Entrano poi le voci, il pianoforte, e il brano assume sempre più un’atmosfera misteriosa ed evanescente, per quello che è un brano che parla di creazione. Per Claigiuri è creazione nella creazione, sempre e fortemente!
Infatti nella successiva Fly me to the moon, si può soltanto credere di ascoltare qualcosa di noto e accomodante. La comfort zone dell’ascoltatore è rapita e poi sconvolta dall’arrangiamento di Caligiuri, che da brano mainstream ne trae il tema principale e ricama sopra arrangiamenti e orchestrazioni sensazionali. Come è anche il solo di contrabbasso dell’estroso e creativo Carlo Cimino, che raccoglie il testimone di questo arduo compito, portandoci col lirismo alla chiusura del brano.
Rupella Antica è un brano malinconico e nostalgico, grazie anche al suo andamento ci da una forte sensazione di rimembranza. Composizione originale del sassofonista, il brano si sviluppa poi con energia, grazie anche alla sezione fiati e al solo di clarinetto basso.
Passando per i tradizionali, riarrangiati e rinfrescati, in cui spiccano su tutti i lavori di intreccio e interazione dei vocalist, brani del periodo natalizio Carols of the Bells e God Rest Ye Merry Gentleman, Caligiuri ci delizia con la sua versione di Nature Boy. Nel brano di Ahbez il soprano del leader raggiunge intensità e vette sonore di grande spicco.
Si passa perciò al momento del tributo, dopo l’intro free jazz, con Self portrait in three colours. In essa si apprezza in modo estremamente chiaro ed elevato l’appassionato tributo al grande Charles Mingus, così come il talento di Caligiuri a ridare vita, con la sua orchestra, a un brano di tale intensità.
A spezzare il momento del tributo, che ritornerà con Nostalgia in Time square, è il brano Follia (George Russell). Mai nome fu più azzeccato di questo, in cui piano e voce pongono le basi a un ritmo confortante all’inizio, portato all’estremo e con crescente intensità col solo di sax baritono e poi di tromba, con un impeccabile e superlativo Luigi Paese.
Il lavoro si chiude con il brano Roccellanea, che sa di suono più tradizionale grazie al recupero di sonorità autoctone che valorizzano il tributo di Damiani-Trovesi. Caligiuri vuole così salutare l’ascoltatore con un brano, un po’ per scherzo e un po’ su serio, dalle connotazioni più tradizionali. A voler rimaneggiare suoni e sentori tradizionali, perchè il sassofonista non dimentica mai le sue origini, ma è in grado strapparle di terra e portarle in giro per l’Europa e il mondo, qualsiasi brano si trovi ad interpretare.