Goedenavond!
Il brano d’apertura del primo disco del gruppo Falga, prodotto da Cantina Records e Michel Veenstra uscito nel 2015, è un concentrato di caos controllato, che con un saluto in lingua olandese che significa “buonasera”, si introduce all’ascoltatore.
Innanzitutto Falga è un acronimo: sono le iniziali dei componenti, tutti giovani ma validissimi musicisti di jazz, che in un fortunato incontro hanno prodotto un primo lavoro con grande professionalità e profondità, di solito riscontrate in musicisti con maggiore esperienza e difficilmente in persone talmente giovani.
E Cantina Records, a mio avviso, offre un’ottima esperienza, gli audio sono di livello (Registrato e Mixato da Shai Solan (Helmbreker Studio, Haarlem – NL) tranne traccia 7, registrato da Leonardo Grimaudo in PCC (Groningen – NL); Mastered da Leonardo Grimaudo) e permettono di penetrare nelle sfumature degli strumenti musicali utilizzati, finanche in alcuni giochi volutamente proposti dal gruppo che rendono il lavoro dei Falga non solo maturo e profondo, ma anche ricco di spontaneità.
L’Italia la fa da padrone nel gruppo i cui elementi sono:
- Giuseppe Doronzo – sax baritono
- Lucio Tasca – chitarra
- Federico Pozzer – pianoforte
- Andrea Caruso – contrabbasso
- Aleksandar Škorić – batteria
ma della penisola si mantengono geni, formazione ed estro, si tolgono tutti gli orpelli e gli stereotipi, al servizio di contaminazioni europee e statunitensi e di sperimentazioni che sfociano anche nel free jazz. Quello che infatti ho tanto apprezzato, e che suggerisco di ricercare all’ascoltatore, è proprio la loro grande padronanza dei momenti musicali: molti passaggi al free sono presenti nei brani, tenuti assieme e valorizzati da altrettanti momenti fatti di respiro e precisione.
Proprio nella traccia d’apertura “Goedenavond” è scelto magistralmente e ha tanto da raccontare: un brano evocativo, ben arrangiato e che permette all’ascoltatore, come un saluto cortese e cordiale fa, di immergersi senza fretta nelle atmosfere del quintetto. Un tema largo, a mio avviso, che ben si sposa con la natura introduttiva del brano, per come l’ho percepito, e che mi ha permesso di appassionarmi al lavoro nel suo complesso, grazie a un’acquolina che ho soddisfatto aspettando speranzoso le altre tracce.
Il lavoro è composto da 7 tracce, ovvero:
- Goedenavond
- Fail Song n.2
- Craters at the sunset
- Pigeons
- Mannaggia
- I don’t know the F chords (I could not be more clear than this)
- H.V. is my favourite piano player
che annovera composizioni con titoli a volte evocativi a volte scherzosi, ma non per questo meno carichi di significato e di qualità nella sostanza musicale. Le tracce 1, 4, 5, 7 sono composte da Federico Pozzer; 2, 6 da Lucio Tasca e la 3 da Giuseppe Doronzo.
Ed è proprio il giovale genio contenuto in questo disco, che si ascolta in “Fail Song n.2” dove un crescendo free, sempre accompagnando l’ascoltatore con accenni e sussurri, esplode in un climax di interplay ordinato e prorompente.
Oppure della traccia seguente “Craters at the sunset“, con i suoi spazi iniziali, un pizzicato di contrabbasso che con efficacia evoca un ribollire, proprio dentro i crateri -per me esplosioni solari-, che cadenzati dai richiami ritmici del gruppo si sviluppano in una lava musicale, calda pesante e prorompente, degna di un jazz moderno di alti livelli. Un tema ricco, a volte consonante a volte dissonante, può disorientare il fruitore sprovveduto, ma vi invito a prestare con fiducia il vostro orecchio a un brano che con modernità contiene delle onde evocative; con ciclicità, in un arrangiamento che a volte vi farà respirare a volte affogare, contiene tanta sostanza.
Sempre nel terzo brano sono presenti i ricordi, un paesaggio da guardare, rivolti verso il mare a guardare i crateri solari in cielo, mentre quello stesso sole affonda in un mare dai suoni distorti. Tutto questo èil contributo psichedelico della chitarra di Lucio Tasca, al quale, avvicinandomi in punta di piedi da “collega”, va tutto il mio plauso per l’inventiva sia tecnica che sono e il saper usare uno strumento quale è la chitarra, fuori dai clichè del tempo, e fuori da quello stile, oramai a mio avviso un po’ troppo abusato, che vede tutte le giovani leve assomigliare nel suono e nel fraseggio a certi americani o americani trapiantati.
Nel brano successivo troviamo i nostri “Pigeons” che iniziano con suoni e rumori, per tornare alla loro matrice caratteristica, confermando all’ascoltatore la loro identità con forza.
E con “Mannaggia” che si sviluppa la seconda parte del disco, fatta da titoli scherzosi. Ma “Mannaggia” suona proprio come l’escalamazione: inaspettato, storto, da risolvere e col fiato sospeso. Il gruppo ha rotto un vaso, ne raccoglie i cocci, ne ricompone la struttura ma vi presenta qualcosa di nuovo, per poi confermarvi che il danno è fatto in quanto “I don’t know the F chords (I could not be more clear than this)” è una pura dichiarazione del misfatto!
La traccia 6, con delicatezza ed efficace semplicità, presenta un tema sommesso: potreste interpretare l’ammissione contenuta nel titolo tanto in tono ironico che serioso, tanto è la gamma evocativa della musica che nasconde. O forse è solo un tranello che Lucio Tasca, il compositore di questo brano, e il gruppo vogliono tirarci?
Il lavoro dei Falga si chiude con il brano “H.V. is my favourite piano player“. Con un’apertura che sa di rarefatto, sapendo giocare, come detto, con lo sviluppo melodico e del brano, il pizzicato lascia posto a un accenno di arco per entrare finalmente nel tema, unisoni su una melodia danzante a tratti scomposta, che mi ricorda molto le interpretazioni e gli arrangiamenti di EST (Esbjörn Svensson Trio). Un brano che è una vera e propria parabola sonora, con il baritono che in questo brano mi ha colpito molto per la sua intensità.
Un disco che mi ha entusiasmato, che, peraltro annovera tutti musicisti di alto livello. Non si badi soltanto agli elogi che ho già espresso singolarmente: stiamo parlando di ottimi strumentisti, talenti che si esprimono con eccellenza e disinvoltura nella composizione, nonchè una sezione ritmica -che può solo sembrare sulla carta in sordina- sulla quale è impossibile non contare e non gettare le basi di sviluppi inaspettati ed estemporanei. Il fondamentale supporto di Andrea Caruso al contrabbasso (di una precisione per me mostruosa) e di Aleksandar Škorić alla batteria rende il lavoro tanto stabile quanto creativo.
Buon ascolto!
Falga:
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