Daniele Germani è un artista molto particolare e che con grande piacere mi ha fatto cadere dalla sedia. Al di là degli stereotipi che possiamo ascoltare oggi, un italiano che vive e lavora di musica negli States è per forza un talento e un professionista di livello. Oltreoceano, si sa, non c’è vita facile se non per i purosangue.
Ne è la prova oggettiva il suo percorso sia di studio che artistico, in cui troviamo il Germani a studiare/interagire/collaborare con artisti del calibro di David Kikoski, George Garzone, Joe Lovano – quest’ultimo offrendo delle acute e positive note al lavoro in questione. Per poi produrre questo straordinario album “A Congregation of folks” che ha poco più di un mese di vita, ma che nel suo DNA ha elementi variegati ed estremamente creativi. GleAM records in questo 2021 ha creduto e lanciato questo ottimo prodotto discografico che scoppietta e sprizza modernità da tutti i pori.
Come si legge dall’intervista dello stesso Germani “Avevo a disposizione moltissima musica originale perché avevo scritto più di un brano al giorno per un anno (430 composizioni originali ad oggi) e vivendo con i miei migliori amici e musicisti preferiti avevo a disposizione il gruppo a qualsiasi ora per prove e sperimentazioni“. Sicuramente di parkeriana memoria questo strabiliante estro e dedizione musicale che, quindi, ora cercherò di narrare.
Come non rimanere estasiati dall’evanescente, rubato del brano d’apertura “They Move in on the Action” che fa l’occhiolino al moderno e incalzante secondo “One momento to moment“. Più strutturata ma non meno avvincente è “The Capitalism Creed” dove spicca tanto il tema quanto il pianoforte con un assolo di gusto esposto con enfasi ed energia.
Il sax di Germani suona melodioso e morbido, l’ancia sembra quasi accarezzata dal suo respiro e apprezziamo questo lato femminile del suo sound, tanto quello più travolgente delle armonie e delle melodie.
Perfetto connubio fra tali opposti è la ballad che da il nome al lavoro discografico “A Congregation of folks“. Mallets, spazzole e un potente contrabbasso offrono spunti ritmici e pienezza di sezione ritmica ai colori sgargianti e brillanti del sax e del piano, offrendo un ulteriore piano di contrapposizione che crea un esaltante equilibrio.
Cantabile, orecchiabile e… vien voglia di suonarci su, la seguente traccia “Half believe it“. Attenzione al ritmo di batteria che ascoltiamo sotto ricco di creatività e spinta. Tant’è che il pianoforte di Justin Salisbury raccoglie queste sfide lanciandosi in un solo esplorativo che offre un perfetto lancio alle evoluzioni e ai virtuosismi del grande Germani. Salisbury e Germani si aprono a vicenda così la strada per una rincorsa di soli dove si alternano l’un l’altra. Jongkuk Kim esplode poi così in un solo esotico e ricco che offre una chiusura spettacolare al brano!
Curiosa e misteriosa, la composizione “In the field of Unconscious“… un titolo dobbiamo ammettere quantomeno azzeccato! Un tema largo che dà spazio a interessanti interlocuzioni, dove invito ad ascoltare il lavoro del contrabbasso al quale è delegato il compito di tenere le briglie dei suoni dell’inconscio dei tre suoi colleghi!
Un disco frizzante e con notevoli spunti, nelle tracce raccontate e nelle 13 che compongono la totalità dell’opera, e occasioni di riflessione per gli amanti del jazz, in quanto col suo talento il Germani oltre a confermare la sua pregiata stoffa ci offre suoni out-of-the-box, riconoscendolo più che come interprete del genere un vero e proprio ricercatore.
Hanno suonato in questo favoloso disco:
Daniele Germani – Alto Sax
Justin Salisbury – pianoforte
Giuseppe Cucchiara – doublebass
Jongkuk Kim – drums